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Articolo del 17/11/2023

Frattura del capitello radiale: sintomi, cause e cure

La frattura del capitello radiale è una delle lesioni più comuni che coinvolgono l’articolazione del gomito, costituendo circa il 20-30% di tutte le fratture di questa articolazione. Queste fratture possono comportare notevoli limitazioni nella mobilità del gomito, in particolare nei movimenti di piegamento, estensione e rotazione dell’avambraccio. Inoltre, possono causare problemi all’articolazione a causa del ruolo significativo del capitello radiale nella stabilizzazione del gomito. La gravità varia ampiamente, spaziando da fratture con spostamento minimo che possono essere trattate senza chirurgia, a fratture più complesse con dislocazione a seguito di traumi gravi che richiedono un intervento chirurgico.

Approfondiamo l’argomento con il Prof. Giannicola dell’Università Sapienza di Roma, specialista in Ortopedia e Traumatologia, esperto in chirurgia del gomito, che lavora presso la Clinica Arsbiomedica.

Capitello radiale: qualche cenno di anatomia

L’articolazione del gomito è formata dalla parte inferiore dell’omero, dove si individuano la troclea ed il capitulum humeri, e dalle estremità superiori delle ossa dell’avambraccio, il Radio e l’Ulna, che presentano il capitello radiale e la cavità sigmoidea dell’ulna. Queste superfici consentono movimenti di flessione ed estensione del gomito che permettono alla mano di avvicinarsi o allontanarsi dal corpo e di rotazione dell’avambraccio, nota come prono-supinazione, che permette alla mano di rivolgersi verso l’alto e verso il basso.

Il capitello del radio svolge un ruolo cruciale in quanto non solo funge da punto di snodo significativo per la rotazione, ma costituisce un importante elemento di stabilità per l’articolazione del gomito.

Frattura capitello radiale: quali sono i sintomi?

Quando ci si trova di fronte a una frattura del capitello radiale, è importante prestare particolare attenzione ai segni e sintomi. I più comuni sono: difficoltà nell’uso funzionale dell’articolazione, dolore concentrato nella zona laterale del gomito, presenza di un accumulo di sangue in articolazione (emartro) che determina gonfiore e difficoltà di movimento. Nelle fratture composte il dolore compare dopo qualche ora, mentre nelle fratture più complesse è immediato ed è presente sia a riposo che durante i movimenti. Nei casi più gravi, è possibile avvertire una sensazione di blocco nelle rotazioni della mano.

Cause e caratteristiche

Le fratture del capitello radiale sono generalmente causate da traumi indiretti. Tra le cause più comuni, è possibile identificare:

  • Caduta a terra mentre si sta camminando: frequentemente a causa di distorsioni di caviglia per asperità, avvallamenti del terreno. Il trauma al capitello è trasmesso dall’urto della mano in terra atteggiata a difesa del viso e del corpo. Se il trauma interessa una persona anziana, a causa della osteoporosi, si associano altre lesioni ossee e legamentose.
  • Traumi durante lo svolgimento di uno sport: cadute accidentali durante l’attività sportiva possono portare a fratture del capitello radiale, soprattutto negli individui che praticano sport ad alto impatto; in questi casi spesso si associano lesioni legamentose che possono portare alla lussazione del gomito.
  • Caduta dalle scale;
  • Caduta da un’alta posizione: cadute da luoghi elevati, come scale o superfici rialzate, balconi o impalcature di lavoro;
  • Colpo diretto: raramente alcune fratture possono essere il risultato di un impatto diretto sull’area del gomito;
  • Gli incidenti stradali: collisioni in auto o in moto possono comportare traumi ad alta energia e traumatizzare gravemente il gomito

L’età media dei pazienti maschi colpiti è significativamente inferiore rispetto a quella delle pazienti femminili. Gli uomini spesso subiscono tali fratture a seguito di eventi ad alta energia, come cadute dall’alto, incidenti in moto o durante attività sportive come lo sci o il calcio, mentre nelle donne possono derivare da traumi minori, come cadute a bassa energia. In questi casi l’osteoporosi ha un ruolo rilevante.

Come avviene la diagnosi?

La diagnosi comporta una valutazione accurata per determinare la gravità e la localizzazione della lesione. Le procedure diagnostiche utilizzate includono:

  • Esame clinico: Il medico esaminerà il paziente per cercare segni di gonfiore, deformità, dolore, e limitazione dei movimenti nell’area del gomito e del polso. L’ascolto della storia dell’evento traumatico è fondamentale per comprendere come si è verificata la frattura.
  • Radiografia: Le radiografie sono spesso il primo step nella diagnosi. Possono rivelare la presenza della frattura, la sua posizione, l’angolazione e il grado di spostamento delle ossa.
  • Tomografia computerizzata (TC): La TC può essere utilizzata per ottenere immagini dettagliate in sezioni trasversali dell’osso e delle strutture circostanti. Questo può essere particolarmente utile per valutare la gravità della frattura e le lesioni associate, specialmente nelle fratture complesse.
  • Risonanza magnetica (RM): La RM può essere utilizzata in caso di sospette lesioni dei tessuti molli, come legamenti, tendini o cartilagine, che potrebbero non essere ben visualizzate con le radiografie o la TC.

Una volta ottenute tutte le informazioni necessarie attraverso le procedure diagnostiche, lo specialista ortopedico potrà classificare la frattura in base al sistema di classificazione di Mason, che distingue quattro tipologie principali:

Tipo I: Fratture non spostate o minimamente spostate, in cui i frammenti di frattura mantengono una buon allineamento.

Tipo II: Fratture scomposte con un solo frammento o fratture del collo del capitello, in cui vi è uno spostamento significativo della parte fratturata.

Tipo III: Fratture pluriframmentarie che interessano tutto il capitello, in cui vi sono molti frammenti ossei e la lesione è più complessa.

Tipo IV: frattura associata a lussazione di gomito

Trattamento

La scelta del trattamento dipenderà dalla gravità e dalla classificazione della frattura, così come da altri fattori, come l’età e lo stile di vita del paziente.

Il trattamento conservativo è di solito raccomandato per le fratture di Tipo I, che sono fratture composte o minimamente spostate. Questo approccio prevede l’immobilizzazione per un breve periodo dell’arto interessato seguita dalla rieducazione funzionale, proteggendo l’articolazione con un tutore.

Nel caso di fratture di Tipo II, è raccomandato l’intervento chirurgico, durante il quale i frammenti fratturati vengono ricollocati e fissati tramite piccole viti o placche, in un procedimento noto come riduzione ed osteosintesi.

Per le fratture di Tipo III, si tenta sempre la riduzione e l’osteosintesi utilizzando piccole viti o una placca metallica appositamente progettata per questo tipo di fratture del capitello radiale. In molti casi, tuttavia, non è possibile eseguire una ricostruzione a causa dell’elevato numero di frammenti, ed allora è indicata la sostituzione protesica.

La sostituzione protesica è particolarmente consigliata quando la frattura è di Tipo IV e si verifica una lussazione. L’escissione del capitello radiale rappresenta una obsoleta opzione di trattamento, raramente indicata (meno dell’1% dei casi).

A seguito dell’intervento, il paziente dovrà iniziare un percorso di riabilitazione indicato dal chirurgo e personalizzato in funzione del tipo di frattura e del trattamento eseguito. Il programma di fisioterapia permetterà di ridurre il rischio di sviluppare una rigidità articolare e di tornare precocemente alle attività della vita quotidiana.

Sono descritte alcune complicanze dopo una frattura del capitello radiale, tra cui, oltre la riduzione o blocco dei movimenti del gomito (in particolare la rotazione), l’instabilità dell’articolazione, il dolore persistente, spesso dovuto allo svilippo di artrosi e la pseudoatrosi, ossia la mancata guarigione della frattura. Queste complicanze possono richiedere a loro volta un ulteriore intervento chirurgico. Per tutti questi motivi è essenziale che il paziente si rivolga da subito a centri esperti per la chirurgia del gomito.

 

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