Articolo del 05/06/2023

Il termine “crisi epilettica” è un disturbo accessuale e transitorio delle funzioni neurologiche dovuto ad un’eccessiva scarica di un gruppo di neuroni. I neuroni sono cellule del sistema nervoso che comunicano attraverso dei neurotrasmettitori che producono delle correnti elettriche. La diagnosi di epilessia può essere effettuata quando si hanno due crisi non provocate a distanza di almeno 24 ore l’una dall’altra, oppure una crisi sola associata ad una condizione che da un rischio di sviluppare ulteriori crisi superiore al 60%, o una diagnosi di sindrome epilettica.

Approfondiamo l’argomento con la Prof.ssa Francia, responsabile del Servizio di Neurologia della Clinica Arsbiomedica.

Epilessia: conosciamola meglio

Dopo la cefalea, l’epilessia rappresenta la seconda condizione neurologica cronica più comune. La prevalenza dell’epilessia è circa dell’1% ma ci sono due picchi di incidenza: il primo durante l’infanzia ed il secondo nella popolazione anziana. Questi picchi sono secondari al fatto che le forme infantili sono generalmente congenite o idiopatiche, mentre nell’individuo sopra i 65 anni, l’insorgenza di epilessia è secondario a lesioni cerebrali, eventi vascolari o patologie neurodegenerative come l’Alzheimer.

Le crisi epilettiche si possono classificare in:

  • focali: quando originano da una specifica zona del cervello (es. un tumore)
  • focali a generalizzate: quando originano da una specifica zona ma poi si diffondono ad entrambi gli emisferi
  • generalizzate: quando coinvolgono da subito entrambi gli emisferi cerebrali.

Le crisi epilettiche si possono manifestarsi in tanti modi diversi.  In particolare le crisi di “assenza” sono quelle tipiche dei bambini e si manifestano con una perdita di contatto con l’ambiente circostante, della durata di secondi. Gli occhi rimangono aperti quasi “sbarrati” a volta con lievi movimenti di ammiccamento. Di solito non c’è caduta, né presenza di disturbi motori. L’elettroencefalogramma è dirimente perché mostra delle anomalie specifiche che si chiamano “punta-onda”.

Poi vi sono le crisi tonico clonico generalizzate che un tempo venivano chiamate “grande male” che si manifestano con irrigidimento alle braccia e alle gambe, seguito da scosse violente, e poi perdita di coscienza. Ci può essere il morso della lingua e la perdita di urine. Il tutto più essere preceduto anche da un urlo e seguito da uno stato confusionale chiamato stato “postcritico”.

Vi sono poi altri tipi di crisi che invece si manifestano con sensazioni soggettive di paura, oppure di sensazione epigastrica. Spesso la durata è di pochi secondi, fino ad 1 minuto-1 minuto e mezzo. In tali situazioni la coscienza è conservata ed il paziente è in grado di descrivere l’accaduto. A seconda dell’area coinvolta (es. motoria o sensitiva), posso avere movimenti anomali, disturbi della sensibilità (parestesie), oppure difficoltà a parlare. Possono esservi anche disturbi della visione come ad esempio perdita di una porzione del campo visivo, allucinazioni, dispercezioni olfattive.

Quando persona ha una crisi, che devo fare?

La prima cosa da fare è mettere il paziente in una posizione di sicurezza quindi sul fianco sinistro. Bisogna evitare che sbatti la testa, eventualmente si può porre un cuscino sotto. Anche se il paziente sta avendo una crisi generalizzata e c’è il rischio che si morda la lingua, non bisogna mettere nulla in bocca al paziente.

Le crisi solitamente si risolvono in pochi secondi o minuti. Se la crisi dovesse durare più di 5 minuti allora è indicata la somministrazione di un farmaco. Ne esistono alcuni per via rettale (usati nei bambini), ed altri che si somministrano per via oro buccale. E’ sempre bene farsi consigliare dal proprio neurologo curante per sapere quale è il farmaco migliore e la strategia di somministrazione più idonea.

Nel complesso durante la crisi è importante osservare il paziente per poter descrivere la crisi al medico. E’ anche importante parlare con il paziente per avere degli elementi informatici sulla durata e il tipo di compromissione dello stato di coscienza.

La diagnosi

La diagnosi di epilessia è clinica, quindi si basa su una descrizione degli episodi. Tuttavia a completamento diagnostico sono senz’altro utili:

  • l’elettroencefalogramma (EEG) che rappresenta la registrazione dell’attività elettrica del cervello e ci permette di evidenziare anomalie ed eventualmente comprendere se vi è una focalità. Anche il video EEG può essere di aiuto per confrontare il dato clinico e quello dell’EEG, in modo tale da vedere delle correlazioni fra dati neurofisiologici e modificazioni cliniche del paziente. La registrazione durante il sonno e la stimolazione luminosa sono altri elementi utili per slatentizzare gli elementi epilettogeni.
  • RM/TC encefalo: utile per verificare se vi è una patologia strutturale che possa essere la causa dell’epilessia (es. malformazione, tumore, ischemia cerebrale).
  • Indagini genetiche per comprendere se alla base dell’epilessia vi è una sindrome epilettica

Le cause di epilessia

Le cause dell’epilessia sono diverse secondo che si tratti di una forma parziale o generalizzata.

Vi possono essere tante cause diverse alla base dell’epilessia. Nelle epilessie focali vi possono essere lesioni strutturali come aree ischemiche, emorragiche, tumori, cicatrici ecc). Se invece non si riesce a trovare una lesione strutturale agli esami di imaging allora si parla di forma criptogenetica.

Invece nel caso delle crisi generalizzate, vi possono essere cause secondarie ad esempio all’alcolismo, disordini elettrolitici, e metabolici, i quali possono scatenare una crisi. Poi vi sono forme dovute a patologie genetiche. Infine, se la causa non viene identificata si parla di forme “idiopatiche”

Capitolo a parte sono le convulsioni febbrili, che sono secondarie a febbre, solitamente nel bambino, e spesso si risolvono con l’età.

Trattamenti

La singola crisi epilettica non si tratta, mentre se si fa una diagnosi di epilessia è necessario iniziare un trattamento.

Sicuramente la prima cosa da fare è adottare uno stile di vita adeguato, evitando alcol, dormendo almeno 8 ore a notte, ed eliminare sostanze eccitanti come quelle di abuso .

Il trattamento farmacologico dell’epilessia varia a seconda del tipo di crisi: focale o generalizzata.  In generale i farmaci utilizzati sono essenzialmente i sodio bloccanti, poi vi sono quelli che agiscono sui canali del calcio e via dicendo. Grazie all’inserimento continuo di nuove molecole adesso si può controllare l’evenienza di crisi epilettiche nel 70% dei casi. Il 30% dei casi è definito farmacoresistente ed il 15-20 % di questi è candidato alla possibilità di trattamento neurochirurgico, che richiede un’accurata selezione del paziente, uno studio multidisciplinare (neurologico, neurofisiologico, neuropsicologico, neuroradiologico)

Alcuni farmaci sono controindicati in gravidanza per cui sarà sempre il neurologo a consigliare il farmaco adatto a quel tipo di epilessia in quel tipo di paziente.

Guarigione

Per guarire dall’epilessia c’è bisogno di un’assenza di crisi da almeno 10 anni dopo sospensione della terapia da almeno 5 anni. Questo è certamente più comune in coloro che hanno manifestato le prime crisi in età infantile/giovanile. In alcuni casi, dopo la rimozione del focolaio epilettogeno inel caso di epilessia strutturale focale, è possibile la scomparsa delle crisi.

In generale, negli altri pazienti, è più rara la scomparsa delle crisi. E’ sempre importante fare un follow up con il neurologo curante, anche per quanto riguarda l’esecuzione di EEG, per decidere se dopo anni di libertà da crisi, si può procedere ad una sospensione dei farmaci.

E’ importante comunque affermare che la maggior parte dei pazienti che assume una terapia regolare conduce una vita autonoma e serena.

 

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