Articolo del 17/06/2024
Il tumore alla prostata è la forma di neoplasia maligna più frequente nell’uomo adulto. Colpisce prevalentemente sopra i 60 anni rappresentando un importante problema di spesa sanitaria. Basti pensare che nei Paesi Occidentali costituisce circa il 15% di tutti i tumori nella popolazione maschile.
Come tutti i tumori, deriva da una crescita incontrollata delle cellule della prostata, ovvero la ghiandola localizzata tra vescica e uretra, anteriormente al retto.
La buona notizia è che se diagnosticato e curato tempestivamente la probabilità che la malattia abbia un esito infausto è bassa.
Ne parliamo con il dottor Francesco Barrese, urologo della Clinica Arsbiomedica.
Quali sono i fattori di rischio?
Tra i principali fattori di rischio per l’insorgenza del tumore alla prostata ci sono:
- l’età: le possibilità di ammalarsi sono molto scarse prima dei 40 anni, mentre aumentano considerevolmente dopo i 50 anni e circa 2 tumori su 3 sono diagnosticati dopo i 60 anni.
- la familiarità: il rischio di ammalarsi è pari al doppio in chi ha un parente consanguineo (padre, fratello etc.) con questo tumore rispetto a chi non ha nessun caso in famiglia.
I fattori di rischio modificabili
Esistono alcuni fattori di rischio modificabili, che possono favorire l’insorgenza e lo sviluppo della malattia, legati allo stile di vita. Tra questi, in particolare:
- sovrappeso e obesità;
- sedentarietà.
L’importanza della diagnosi precoce
Il tumore della prostata è asintomatico, pertanto è di vitale importanza la diagnosi precoce, innanzitutto con dosaggio del PSA (dosaggio dell’antigene prostatico specifico) e visita urologica dai 50 anni in poi (con cadenza indicata dallo specialista urologo in base agli eventuali fattori di rischio), da anticipare se c’è familiarità diretta per questa neoplasia.
Nella maggior parte dei casi il tumore della prostata rimane confinato e cresce molto lentamente, al punto da non essere diagnosticato per anni, in altri, invece, può risultare molto aggressivo e diffondersi velocemente in altre parti del corpo. Inquadrarne correttamente la tipologia e il livello di aggressività è indispensabile per poter mettere a punto la strategia terapeutica più efficace e meno invasiva.
Come si diagnostica?
L’algoritmo diagnostico corrente si basa su: anamnesi, esame digito-rettale, dosaggio dell’antigene prostatico specifico (PSA), RM multiparametrica della prostata, infine biopsia prostatica fusion per la conferma istologica.
l’anamnesi: L’anamnesi è il primo e fondamentale passo per avere un inquadramento corretto del paziente e consiste nella raccolta dei sintomi e della storia clinica del paziente e dei suoi familiari.
esame digito-rettale: L’esplorazione rettale permette a volte di identificare al tatto la presenza di eventuali noduli a livello della prostata.
dosaggio del PSA: il dosaggio del PSA è un test semplice e non invasivo che richiede un semplice prelievo di sangue. “Il PSA è un enzima che mantiene fluido il liquido seminale, contribuisce quindi a mantenere una corretta viscosità dello sperma, indispensabile per garantire la motilità degli spermatozoi. Viene prodotto e secreto dalla ghiandola prostatica (o prostata) e può essere dosato nel sangue. Ogni cellula della prostata produce una quantità costante di PSA, esistono tuttavia 3 situazioni patologiche in cui la produzione aumenta quando le cellule prostatiche degenerano in tumore (la produzione è 10 volte superiore): quando le cellule prostatiche sono infiammate; in caso di iperplasia prostatica, in presenza di tumore alla prostata.
L’aumento del PSA, quindi, indica che qualcosa non va a carico della prostata, ma non ci indica la patologia che ne determina l’innalzamento: infiammazione, iperplasia e cancro. È la correlazione con l’anamnesi e i dati clinici del paziente che può indirizzare verso la corretta diagnosi”.
RM multiparametrica della prostata: La Risonanza Magnetica ha rivoluzionato l’approccio diagnostico del tumore prostatico. In presenza di una lesione sospetta all’esplorazione rettale o di un rialzo del PSA, possiamo grazie alla RM riconoscere i noduli sospetti che necessitano effettivamente di essere bioptizzati. L’ecografia prostatica trans rettale usata fino a qualche anno non aveva questa accuratezza diagnostica e quindi i pazienti spesso venivano sottoposti a biopsie inutili, oppure effettuate in zone non sospette. Oggi mediante macchine performanti come la Risonanza Magnetica che abbiamo in Arsbiomedica, è possibile classificare i noduli sospetti con un punteggio il PIRADS, che va da 1 a 5, dove 1 e 2 sono lesioni benigne, il 3 borderline, 4 e 5 sospette per neoplasie.
Biopsia prostatica fusion: Una volta individuate le lesioni sospette grazie alla RM, l’utilizzo di software sempre più evoluti, ci permette di fondere le immagini della RM con quelle prese in tempo reale con l’ecografia prostatica trans rettale, queste immagini vengono elaborate e la prostata viene ricostruita in 3D, con le lesioni sospette ben evidenziate. A questo punto mediante una guida e la sonda ecografica trans rettale si effettuano biopsie mirate su i noduli sospetti. Tutto ciò riduce del 90% il rischio di non avere una diagnosi istologica accurata, ma soprattutto di non individuare i tumori sospetti.